Alleggerire, ridimensionare, lasciare andare. È questa l’esigenza che hanno sentito i ragazzi della 2E al momento del rientro a scuola, lo scorso settembre: un bisogno di raccontarsi e raccontare, di condividere, di ascoltare ed essere ascoltati. Un’occasione è arrivata con la possibilità di immaginarsi la scuola del futuro, che ha consentito ai ragazzi di porsi qualche domanda: qual è il valore della scuola per te?, che aspettative hai?, cosa ti è mancato durante il lockdown?
Pian piano, nei ragazzi ha preso campo una consapevolezza: che durante il periodo di isolamento, sono riusciti a rimanere uniti perché si sono pensati, sentiti, visti, anche se attraverso uno schermo. La tecnologia è una risorsa eccezionale, ma come tutte le risorse deve essere sapientemente dosata; come in presenza non bastano testi validi e aule attrezzate, anche a distanza non è sufficiente imparare a usare strumenti per proporre compiti efficaci: è necessaria una progettazione coerente ai bisogni dei ragazzi, per far sentire che quel compito è stato pensato proprio per ciascuno di loro, che la loro opinione conta, perché la paura più grande è essere dimenticati, esclusi, abbandonati. In presenza e a distanza.
Dall’alto della sua beatitudine, Veronica-Beatrice nel video dice: “Se stai bene, impari meglio”. E allora Vittorio-Dante le risponde: “Ecco perché con te imparo così tante cose”. Il testo letterario scritto dai grandi autori è bellezza, ispirazione: come accompagnare un ragazzo di 12 anni nel racconto spesso allegorico e metaforico del senso della vita, del mondo? Come può pensare di “stare bene” in questa complessità? Ecco spiegata la frustrazione di Vittorio-Dante: “Non l’ho scritto per voi!”. Poi però si accorge dell’intensità dell’analisi e si lascia andare a riflessioni personali: “Anche io come voi sono stato male, ho sentito paura, mi sono sentito abbandonato quando la persona a cui tenevo di più, Beatrice, mi ha negato il suo saluto”. E così anche il lontanissimo e grandissimo Dante si mette in relazione con gli studenti.
Così come Dante può trovare conforto nella conoscenza intima del suo sentire, anche noi impariamo a dare valore allo stare da soli. Prendiamo atto che sentirsi soli è pericoloso ma “abbiamo capito” che possiamo contare sull’altro, sul compagno più o meno simpatico, carino, goffo, gentile, maldestro; i nostri sguardi che s’incontrano ci rimandano l’immagine di noi e alla nostra immagine conferiscono senso.